“Coming out of the closet”, o più comunemente “coming out” significa uscire dallo stanzino, dal luogo in cui figurativamente qualcuno si può sentire rinchiuso, soprattutto per paura di rivelare il proprio orientamento sessuale.
Del resto fare coming out non è facile, soprattutto in una società in cui appartenere a una minoranza LGBTQIA+ è ancora una vergogna, e il pregiudizio rende spesso difficile e doloroso il momento in cui rivelarsi.
Comunque sia, esiste un momento preciso in cui la consapevolezza del proprio orientamento sessuale conduce al desiderio di fare coming out.
Per le persone LGBTQIA+, però, il coming out non riguarda soltanto il dichiarare pubblicamente la propria identità sessuale, ma di sviluppare la consapevolezza e accettare di essere attratti da persone dello stesso sesso.
Il primo passo, dunque, è uscire allo scoperto con se stessi, nella propria intimità, superando così il dolore portato dalla consapevolezza del proprio orientamento sessuale.
Solo in un secondo momento il coming out avverrà all’interno delle relazioni con altri.
Per arrivare alla seconda fase, bisogna necessariamente passare dalla prima e questo processo attraversa diverse fasi:
Confusione: “Chi sono?”
Confronto: “Sono diverso/a? Da chi?”
Tolleranza: “Probabilmente sono omosessuale, bisessuale, pansessuale, ecc.”
Accettazione: “Accetto di essere omosessuale, bisessuale, pansessuale, ecc.”
Orgoglio: “Sono orgoglioso di essere omosessuale, bisessuale, pansessuale, ecc.”
Interiorizzazione: “La mia omosessualità, bisessualità, pansessualità, ecc. è una parte di me”
Tuttavia uscire allo scoperto non è sempre così semplice e spesso non è una scelta facile.
Spesso interviene lo stigma sociale o famigliare, nonché la possibilità di un’omofobia interiorizzata, ossia la paura di poter essere omosessuale che in alcuni casi può ostacolare la formazione della propria identità sessuale o di genere.
Queste componenti possono generare vergogna o ansia che, a loro volta, concorrono nell’insorgenza di diversi disturbi emotivi.
La psicoterapia può sostenere le persone LGBTQ+ in queste delicate fasi, soprattutto se al paziente viene negato supporto altrove, dalla famiglia, dagli amici, dalla scuola o dai colleghi di lavoro. Spesso ci si trova a vivere quotidianamente esperienze in cui ogni forma di sessualità, diversa da quella eterosessuale, è esclusa.
Dunque il paziente, in presenza del terapeuta, potrà beneficiare di un ambiente accogliente e aperto, dove troverà aiuto nel percorso di accettazione e rivelazione di sé, nonché nella gestione degli stati d’animo associati al coming out.
Dott.ssa Elena Paiuzzi - Psicologa e psicoterapeuta a Alessandria
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Ultima modifica: 10/06/2016
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